La Serenissima, ossia la zona intorno a Venezia come è chiamata da un millennio, è oggi l’epicentro di un crollo bancario che minaccia di far deragliare una delle grandi storie di successo della globalizzazione.
La base territoriale di marchi come Benetton, De’ Longhi, Geox e Luxottica, in Veneto, è diventata anche sede di ben 40.000 piccole imprese improvvisamente bloccate senza accesso al finanziamento da quando una coppia di banche regionali è crollata nel mese di giugno. Si tratta della, che crollando hanno spazzato via i risparmi di molti dei loro 200.000 azionisti, scatenando scossoni economici e politici sentiti da Roma a Francoforte.
La rabbia per quella che molti considerano una supervisione lassista da parte delle autorità nazionali sta animando un movimento che invoca maggiore autonomia e che è incoraggiato da quanto sta succedendo in Catalogna.
“Il dolore per le banche venete può essere finito, ma il dolore per le imprese venete è solo all’inizio“, come ha dichiarato a Bloomberg Andrea Arman, avvocato di alcune delle aziende e dei soggetti più colpiti dal crac delle banche venete.
“Stiamo appena iniziando a vedere le conseguenze del crollo e quello che stiamo vedendo è allarmante”.
La seconda banca italiana, Intesa Sanpaolo SpA, ha pagato una cifra simbolica di 1 euro per acquisire le parti più sane dei due istituti veneti, mentre allo Stato è toccato assorbirsi i 18 miliardi di euro di debito travagliato che hanno accumulato le banche.
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