domenica 29 ottobre 2017

BANCA D'ITALIA: BRUCIATI 70 MILIARDI + 120 MILIARDI DI CREDITI DETERIORATI

IL CONFLITTO DI INTERESSI DI BANCA DI ITALIA, DETENUTA DALLE STESSE BANCHE, VERA INFEZIONE DELLA CRISI. LA NECESSITÀ DI UNA PROCURA NAZIONALE CONTRO GLI ILLECITI BANCARI. LA NEGAZIONE DELL'USURARIETÀ SOPRAVVENUTA, COME STRUMENTO PER FAR PAGARE LA CRISI AI POVERI RISPARMIATORI.

Avv. Biagio Riccio
Scrive l'Avv. Biagio Riccio sulla sua pagina Facebook: 

La crisi del sistema bancario ha rilanciato tre grandi temi:



1- Chi controlla il controllore? Banca di Italia, istituto di diritto pubblico, esercita la sua funzione in modo imparziale?

2- Sono in grado le Procure, per obbedire al principio di competenza territoriale, di perseguire i reati finanziari e gli illeciti bancari?

3- Come impedire di far pagare la crisi delle banche ai poveri risparmiatori?


1.1 Stefano Cingolani, esperto di cose bancarie, sulle colonne del "Foglio" di sabato 28 ottobre ha scritto un bellissimo ed esaustivo articolo ricordandoci, in ragione di un nobile ed eccezionale studio svolto da Enrico Cuccia ed edito dalla fondazione Ugo La Malfa, che il capitale di Banca di Italia non è pubblico, ma privato ed è detenuto da Intesa San Paolo 50%, Unicredit 43%, Cassa di Risparmio di Bologna 18%, Assicurazioni Generali 14%, Cassa di Risparmio di Genova 12% ed altri 114 soci.

Questo elenco è rimasto segreto, in barba alle leggi sulla trasparenza bancaria, sino al 2004 e solo grazie all'opera certosina dell'ufficio studi di Mediobanca diretto da Fulvio Colltorti, che ha esaminato tutti i bilanci delle banche, è emerso questo stupefacente risultato.

In realtà già nella legge sul risparmio voluta da Giulio Tremonti (262/2005) era scritto all'articolo 19 comma 10 che entro tre anni sarebbero stati emanati regolamenti necessari per far in modo che il capitale diventasse pubblico, poiché le quote del medesimo erano ancora in titolarità di soggetti diverso dallo Stato. Tutto è ancora lettera morta.


Aveva ragione Guido Rossi a sostenere che il capitalismo italiano è infetto nella sua consustanzialità, dal momento che è permeato da un pervasivo, endemico ed epidemico conflitto di interessi. Ecco perché si hanno crisi di banche che giammai saranno punite e si incorre nel reato di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza di cui all'art.2638 del codice civile.


È nella struttura di Banca di Italia l'infezione ed il morbo: finché Banca di Italia sarà in mano alle stesse banche da controllare, non c'è partita che tenga: il sistema sarà sempre corrotto e malato e chi ci rimetterà sarà il povero risparmiatore. 


BRUCIATI 70 MILIARDI (COSTO DELLA CRISI) E 120 MILIARDI DI CREDITI DETERIORATI ED INCAGLI E SOFFERENZE ANCORA NON CENSITE. 

2.1 Quanto al perseguimento dei reati contro chi ha malversato, si è giunti alla consapevolezza che le piccole Procure giammai sono in grado di poter agire con competenza e rigore tecnico. Si deve realizzare una Procura Nazionale allo stesso modo di quella Antimafia. Lo ha ricordato Francesco Greco, Capo della Procura di Milano nella sua audizione alla Commissione Banca di recente istituzione parlamentare. Ha richiesto, il valente Magistrato, un codice penale bancario e un sistema più semplice, visto il gioco di scaricabarile nel seno della vigilanza per gli istituti di credito, anche con le complicanze dovute alla BCE. In questo modo si possono prevenire e reprimere, con tempestività, gravissimi reati che si concretano negli illeciti commessi da amministratori che hanno dilapidato patrimoni di gloriose banche, provocandone l'ineluttabile fallimento: chi ci ha rimesso sono stati i poveri correntisti che hanno perso tutto, anche la vita qualcuno.

Lo ha analizzato benissimo in un articolo apparso su Repubblica ieri Francesco Manacorda, che ci ha ricordato come la crisi delle banche abbia attentato i poveri risparmiatori (La favola nera del risparmio). "Libero" di Feltri ci ha ammonito, da par suo,che Visco piace al Palazzo perché inetto.


3.1 La manovra dei Poteri Forti è scientifica e tipica delle democrazie corrotte da oligarchie di potere.

Con la connivenza di una magistratura incartapecorita è stata resa la sentenza che ha negato l'usurarietà sopravvenuta. Se dunque l'usura non c'è più, le banche tranquillamente potranno applicare interessi usurari: è il modo più semplice, colpo di sistema, per scaricare sui risparmiatori e correntisti il costo della crisi. E così sarà, con fallimenti di imprese, mutui non pagati e costo del danaro fuori controllo: l'usura è legalizzata e va anche, paradossalmente, pagata ed onorata!!
Attrezziamoci per una rivoluzione.




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martedì 24 ottobre 2017

CRAC BANCHE VENETE: 40.000 AZIENDE ITALIANE BLOCCATE SENZA ACCESSO AL FINANZIAMENTO

La Serenissima, ossia la zona intorno a Venezia come è chiamata da un millennio, è oggi l’epicentro di un crollo bancario che minaccia di far deragliare una delle grandi storie di successo della globalizzazione. 


La base territoriale di marchi come Benetton, De’ Longhi, Geox e Luxottica, in Veneto, è diventata anche sede di ben 40.000 piccole imprese improvvisamente bloccate senza accesso al finanziamento da quando una coppia di banche regionali è crollata nel mese di giugno. Si tratta della, che crollando hanno spazzato via i risparmi di molti dei loro 200.000 azionisti, scatenando scossoni economici e politici sentiti da Roma a Francoforte. 

La rabbia per quella che molti considerano una supervisione lassista da parte delle autorità nazionali sta animando un movimento che invoca maggiore autonomia e che è incoraggiato da quanto sta succedendo in Catalogna. “Il dolore per le banche venete può essere finito, ma il dolore per le imprese venete è solo all’inizio“, come ha dichiarato a Bloomberg Andrea Arman, avvocato di alcune delle aziende e dei soggetti più colpiti dal crac delle banche venete. “Stiamo appena iniziando a vedere le conseguenze del crollo e quello che stiamo vedendo è allarmante”. 

La seconda banca italiana, Intesa Sanpaolo SpA, ha pagato una cifra simbolica di 1 euro per acquisire le parti più sane dei due istituti veneti, mentre allo Stato è toccato assorbirsi i 18 miliardi di euro di debito travagliato che hanno accumulato le banche.

L'articolo continua su  wallstreetitalia 

COSA C'ENTRANO LE BANCHE CON IL REFERENDUM IN VENETO

Storia di come lo scandalo finanziario più grave della storia del Veneto abbia messo in dubbio le ragioni stesse del voto sull'autonomia





All’incrocio che porta alla sede centrale di Veneto Banca, nel comune di Montebelluna, in provincia di Treviso, i nuovi proprietari non hanno ancora fatto in tempo a cambiare il cartello stradale. Hanno usato un adesivo per coprire il nome della vecchia banca, fallita lo scorso giugno e acquistata da Intesa San Paolo per 50 centesimi di euro. Il fallimento di Veneto Banca è costato cinque miliardi di euro di risparmi a quasi 90 mila tra persone e aziende


SDL CENTROSTUDI ne aveva annunciato il fallimento
a giugno di quest'anno nell'articolo
BCE: "VENETO BANCA E POPOLARE DI VICENZA PROSSIME A FALLIRE

Ma ha fatto molto più che mettere in crisi migliaia di famiglie. Ha messo in dubbio l’immagine ideale che molti hanno del Veneto: una regione capace, operosa e soprattutto onesta. È l’idea che i veneti saprebbero fare meglio se lasciati da soli ed è quella che sta alla base del referendum di cui si è votato. 

«Ma chi avrebbe dovuto controllare sulle banche, mi chiedo io. I veneti o le autorità di Roma, la Banca d’Italia, la CONSOB?». Luigina Tomasella è un’ex insegnante di scuola elementare. Oggi è segretaria della Lega Nord di Montebelluna e anche lei è tra gli azionisti di Veneto Banca. Siamo seduti nella piazza principale della città, 30 mila abitanti a mezz’ora di macchina da Treviso. Davanti a noi ci sono i due edifici più importanti del paese: il municipio e la storica sede della banca, dove le antiche insegne sono state sostituite con quelle dei nuovi proprietari. «È stato un piano contro i veneti – continua Tomasella –, ci hanno imbrogliato un’altra volta, come nel referendum per l’annessione all’Italia nel 1866, in cui fecero votare soldati che con il Veneto non avevano nulla a che fare».

L'articolo continua  su IL POST 

lunedì 23 ottobre 2017

QUANDO IL MAGISTRATO SBAGLIA, CHI PAGA?


L’articolo è stato pubblicato su La Prima Pagina, quotidiano nazionale.

Se un magistrato sbaglia, cosa accade? Il caso Contrada riapre la discussione sul tema. Abbiamo intervistato l’Avvocato Biagio Riccio. Ci può fare un riassunto del caso Contrada?





Avv. Biagio Riccio

Contrada fu arrestato nella notte della vigilia del natale del 1992 come un comune delinquente. Ha scontato 10 anni di carcere e dalla Corte Europea di Strasburgo prima e dalla Cassazione poi è stato ritenuto innocente, perché nei suoi confronti si è utilizzato un metodo barbaro: andare in galera senza una preventiva norma che dichiarasse quella azione come reato, ci riferiamo al concorso esterno al reato di associazione mafiosa, all’epoca dei fatti non esistente. Bruno Contrada, per anni poliziotto a Palermo, venne arrestato con l’accusa di concorso in associazione mafiosa. In primo grado fu condannato a 10 anni, ma la sentenza fu ribaltata in appello e il funzionario venne assolto. L’ennesimo colpo di scena ci fu in Cassazione, quando l’assoluzione venne annullata con rinvio e il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna a 10 anni. La sentenza divenne definitiva nel 2007. Il funzionario, che aveva subito una lunga custodia cautelare in carcere, tornò in cella e scontò tutta la pena fino al 2012.
Due anni fa, però, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo condannò l’Italia a risarcire il poliziotto, nel frattempo sospeso anche dalla pensione, ritenendo che Contrada non dovesse essere né processato né condannato, perché all’epoca dei fatti a lui contestati – gli anni Ottanta – il reato di concorso in associazione mafiosa non era “chiaro, né prevedibile”. A quel punto l’ex legale del funzionario tentò, invano, la strada della revisione che venne “bocciata” dalla corte d’appello di Catania. L’ultimo tentativo, quello dell’incidente di esecuzione, è stato fatto dall’avvocato Stefano Giordano che ha chiesto alla corte d’appello di Palermo, l’anno scorso, proprio alla luce della sentenza europea, di revocare la condanna sostenendo che prima del ’94, spartiacque temporale fissato dalla Cedu, non fosse possibile condannare per il reato di concorso in associazione mafiosa. La corte dichiarò inammissibile il ricorso. Oggi la Cassazione, a cui Giordano si è rivolto, gli ha dato ragione e la condanna è stata revocata. Dal momento che Contrada ha scontato la pena gli effetti della pronuncia si ripercuoteranno sull’aspetto pensionistico.

Ora che ad 84 anni ha riacquistato il suo inconcusso status di incensurato, si pone una banale domanda: ma dell’errore commesso chi paga?

Quando sbagliano i medici e gli avvocati sono chiamati a pagare caramente dei loro errori professionali: quando invece si tratta dei Magistrati che rovinano famiglie, patrimoni e, quello che è più grave, intaccano l’onore e la reputazione e la libertà sacrosanta dei consociati, l’ordinamento interviene con tutte le guarentigie possibili e rende improba un’azione per responsabilità nei loro confronti.

In Italia chi sbaglia, di solito, paga. Tranne i magistrati e i giudici. Nemmeno quando le sentenze dicono che no, il reato non c’era, ergo il processo non andava fatto. Dunque nessun cittadino è tutelato, come è possibile?
Ci sono Magistrati a cui piace apparire e ottenere visibilità sui media, tradizionali e del web, e che confondono la dimensione del loro lavoro con la chiara possibilità di sfruttare, con aiuti mediatici, la loro privilegiata posizione per poi darsi alla vita politica. Molto spesso le loro inchieste si rivelano dei flop, ma sul momento, creano sensazionalismo, ottengono le prime pagine dei giornali, ma le posizioni che colpiscono inauditamente finiscono tutte in archiviazioni o in assoluzioni perché il fatto non sussiste. Il caso Contrada si inserisce in questa scia: fu arrestato nel 1992 e sino a pochi giorni fa ha combattuto per affermare la sua innocenza, avendo scontato una pena per un delitto la cui configurazione nel nostro ordinamento è opinabilissima: il concorso esterno in associazione mafiosa.
La legge sulla responsabilità civile dei magistrati non dovrebbe consentire di ottenere “doverosi risarcimenti?
La responsabilità civile dei Magistrati esiste, ma mandare uno di loro a processo è difficile e macchinoso, quasi impossibile. Credo che sia un problema culturale prima che politico e giuridico: i Magistrati diceva Bacone devono essere dei leoni ma sempre sotto il trono, non sopra il trono, per fare in modo che si eviti il rischio di una repubblica giudiziaria, cui purtroppo possiamo rischiare di precipitare.

La testata “Tempi” scrisse: “I magistrati commettono sempre più reati e aumentano le violazioni delle norme processuali”. Qual è la sua esperienza in merito?

Grazie alla collaborazione con SDL Centrostudi, società che si occupa di contenzioso bancario e che contrasta le banche colpevoli di anatocismo e usura bancaria, ho avuto la possibilità in questi anni di affrontare molteplici casi nei quali in un primo momento il Pubblico ministero ha archiviato querele, poi il Giudice delle indagini preliminari è ritornato sul caso ed ha rinvenuto usura. Dunque poniamoci un problema: è frutto di impreparazione, di pigrizia, o vi è un’oscura collusione con i poteri forti, perché non si vogliono attaccare le banche che comandano indisturbate l’economia del nostro paese. Non possono fallire altrimenti creano crisi sistemiche ma possono inopinatamente far fallire aziende altrimenti sane o risparmiatori, colpevoli solo di non essere in grado di comprendere i rischi dei conti e dei prodotti finanziari che sottoscrivono.